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Articolo inserito in data 13/02/2010 17:50:48
Grotte in Emilia Romagna
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ABISSO GARIBALDI - 9 febbraio 2010

Abisso Garibaldi (Ravenna)

coordinate ED50: N 44°13'29,9" - E 11°44'32,9"
quota:                  408m slm

Si sale da Brisighella lungo la strada per Riolo Terme, la stessa che rasenta la rocca. Si raggiunge il panoramico crinale e subito dopo la località Manicomio (qualche casa e un ristorante) si devia a sinistra seguendo i cartelli segnaletici per Rontana e il parco del Carnè. Si guadagna quota con qualche tornante evitando un paio di diramazioni e a 1,5 km dal bivio si nota a destra una carrareccia sbarrata da una catena, caratterizzata dalla presenza di cartelli turistici (brevi informazioni storiche sul castello e la croce di Rontana) e segnavia CAI (bandierina bianco-rossa) dei sentieri 505 e 511A; si parcheggia subito dopo, in uno spiazzo a sinistra.
Tornati alla sterrata, la si risale per qualche metro, fino a quando curva a destra mirando la cima del monte di Rontana; di fronte è evidente, sebbene invaso dalla vegetazione, il Catino di Pilato, cioè la dolina dell'abisso Luigi Fantini. Si prende la traccia a sinistra che permette di arrivare al boscoso crinale che divide quest'ultima da quella profonda del Garibaldi (che si trova quindi alla nostra sinistra); si prosegue ignorando le prime deviazioni e si individua quella che, nel versante nord-est del grande imbuto, permette di scendervi agevolmente con percorso intuitivo. Nel punto più basso della depressione, ai piedi di un dirupo roccioso, si trova lo scivolo che precede il piccolo ingresso della grotta.

La boscosa dolina è bellissima; l'abisso è interessante, relativamente semplice, ma da non sottovalutare a causa della presenza di un paio di passaggi stretti e di alcuni scivolosi gradini da superare in arrampicata.

- Aldilà del pertugio d'accesso troviamo una camera di frana poco piacevole, e subito un pozzo: con una corda da 30 metri (armo naturale su masso e vecchio chiodo) scendiamo nella saletta sottostante e da qui proseguiamo la calata dopo aver percorso una breve galleria e superato una comoda strettoia (armo naturale, serve un cordino). Nel rilievo questa verticale è segnata come P12, ma si usa una corda ben più lunga perchè non viene considerato il primo salto e il successivo spostamento orizzontale.

- Ora c'è il tratto più difficoltoso, una lunga fessura inclinata (disostruzione), scivolosa, che per gli speleologi meno esperti e più ingombranti risulterà moderatamente impegnativa al ritorno, quando si tratterà di risalirla appoggiati su un fianco. Seguono una cameretta e un facile gradino da affrontare in libera.

- Continuiamo in una tranquilla discesa, con però altre due paretine in cui occorre un po' di attenzione. Il cunicolo che ci troviamo di fronte ha un brutto aspetto, pare molto stretto e presenta un paio di curve, in realtà è semplice, più spazioso nei punti giusti, e non abbiamo problemi a passare oltre.
Serve invece prudenza nel lungo scivolo successivo, alto, ripido, fangoso, ma con provvidenziali gradini e prese alle quali reggersi.

- Atterriamo in un'ampia galleria. E' facile seguirla verso valle per alcune decine di metri, fino a quando si trasforma in un basso, inquietante cunicolo, quello che collega questa grotta all'abisso Luigi Fantini: è un minuscolo condotto lungo un centinaio di metri, estremamente impegnativo, in parte scavato e forse neppure più percorribile, dove è possibile girarsi per tornare indietro solo in un paio di punti; non so se qualcuno ultimamente l'ha superato, ma i racconti di chi ha provato, riuscendo nell'impresa, 15/20 anni fa mi hanno convinto che per uno della mia età, delle mie dimensioni, con una forza fisica e mentale nella media, non è il caso di azzardare una simile traversata. Consiglio a chi fosse interessato alla stessa di contattare il GAM di Mezzano per parlare con gli speleologi che hanno eseguito il rilievo e certamente ricordano il percorso.

- Retrocediamo e sempre nella galleria andiamo in ripida salita verso monte. Lasciamo una breve diramazione a destra e sbuchiamo in una sala tranquilla e silenziosa. Un pertugio a destra precede un pozzetto superabile in libera (c'è una vecchia scaletta metallica ricoperta di ruggine, che noi, temendo di disintegrare, neppure abbiamo toccato...).

- Un rametto a destra, in salita, sfrutta un'alta frattura e porta in una zona franosa; l'interessante meandro a sinistra, invece, scende e permette di raggiungere un paio di pozzi separati da un terrazzino (P3 e P7, concatenabili con una corda da 20 metri), alla base del secondo dei quali ci fermiamo un attimo in una accogliente saletta con cristalli particolarmente belli. Proseguiamo poi aldilà di un evidente bucanotto, quasi una porticina, nel meandro che man mano diventa più angusto; superato un passaggio in cui occorre strisciare, ci rialziamo, ma possiamo avanzare ancora per poco: due o tre anse precedono lo stretto cunicolo che dopo una decina di metri arriva alla bassa cameretta terminale dove transita un piccolo torrente.

Alcune foto sono di Fabio Belletti e Francesco Ventimiglia, dello Speleo Club Forlì

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